Punto strategico d’osservazione delle migrazioni forzate nell’area euro-mediterranea, l’Italia è altresì un luogo centrale da cui far partire una riflessione critica sulle dinamiche di protezione rivolte a migranti e richiedenti asilo. Certo, i riflettori mediatici e i discorsi politici puntati sugli sbarchi rischiano sempre di ridurre lunghe e violente rotte migratorie ad uno spazio temporale ristretto, coincidente con l’approdo. La spettacolarizzazione degli arrivi via mare getta, infatti, un’ombra sulle reali esperienze di uomini e donne richiedenti asilo, circondando di silenzio i percorsi che caratterizzano il tempo dopo l’approdo sulle coste italiane. Un istante d’esposizione mediatica che fa scomparire i soggetti, le loro esperienze e attese sul futuro nelle grida d’emergenza, nei numeri e nelle procedure burocratiche. Eppure, le storie di migrazione e le immagini raccolte in questo progetto collettivo esclamano a gran voce l’importanza di documentare condizioni e vicissitudini di uomini e donne che chiedono protezione in Italia, o che transitano dall’Italia verso altri paesi europei.
[da Pinelli/Ciabarri “Dopo l’approdo. Un racconto per immagini e parole sui richiedenti asilo in Italia” Editpress, Firenze]
Sulla fotografia Barbara Pinelli
Guardate, dicono le fotografie, questo è ciò che succede Susan Sontag, Davanti al dolore degli altri
«Vediamo se, guardando le stesse fotografie, proviamo gli stessi sentimenti» scriveva Virginia Woolf (1980 Le tre ghinee Milano Feltrinelli) immaginando uno scambio epistolare con un avvocato su fotografie che ritraevano immagini della guerra civile spagnola. Pur riconoscendo l’importanza di quel libro, è ampia la discussione che Susan Sontag (2003 Davanti al dolore degli altri Milano Mondadori) dedica alle riflessioni della scrittrice inglese. Due questioni in particolare occupano spazio nelle sue pagine. La prima richiama la condivisione dell’immagine e destabilizza l’esistenza di un «noi» destinatario collettivo e indistinto che, di fronte alle stesse immagini si presume reagisca con una medesima empatia emotiva. Di fronte alle fotografie di guerra, tutti, scrive Virginia Woolf, «se non sono mostri», devono reagire con orrore e disgusto. La seconda riguarda l’immagine fotografata: la guerra spagnola parla dell’atrocità della guerra in generale, ed è di fronte ad essa che il pubblico deve inorridire. Di fronte cioè ad immagini di guerra che le fotografie raffigurano come fatto oggettivo e vero, e non come risultato di coordinate storiche e politiche.
Questo sito e gli strumenti terzi da questo utilizzati, possono avvalersi di cookie per scopi funzionali, pratici e statistici secondo le finalità illustrate nella cookie policy. Cliccando su "Ok" o continuando la navigazione, dai il consenso all'utilizzo di cookie.OkNoLeggi di più